Originariamente collocata in Sacrestia, occupa, dagli anni ’60, una serie di locali prospicienti il chiostro maggiore. Da circa due anni, per lavori di restauro al complesso, la collezione è esposta lungo gli ambulacri di accesso alle sale storiche della Biblioteca, secondo un criterio cronologico e stilistico.
Frutto di donazioni varie, di cui la più corposa appartenente al pugliese Domenico Lercaro, la collezione di tavole e dipinti su tela comprende opere che vanno dai primi anni del Cinquecento fino alla prima metà del Settecento. Le opere rappresentano l’evoluzione della pittura religiosa: per il nucleo delle opere cinquecentesche, sono presenti opere di pittori meridionali appartenenti alla scuola del primo manierismo, quali Andrea da Salerno, Agostino Tesauro, Giovan Filippo Criscuolo; la cultura controriformistica è rappresentata dai pittori napoletani Fabrizio Santafede, Giovanni Antonio D’Amato, Girolamo Imparato che ben dialogano con le opere del teorico d’arte Federico Zuccari, con Cristoforo Roncalli detto il Pomarancio, il pittore preferito di san Filippo Neri, con Francesco Curradi, esponente della pittura devozionale fiorentina, con il romano Cavalier d’Arpino e con gli altri esponenti del tardo manierismo umbro e toscano, Francesco Allegrini e Francesco Vanni.
A rappresentare il Seicento naturalistico vi sono diverse opere di Battistello Caracciolo, Jusepe de Ribera, Mathias Stomer e Andrea Vaccaro. Guido Reni, insieme all’allievo Francesco Gessi, testimoniano le novità della corrente classicista emiliana, influenzando il nuovo corso della pittura napoletana che, abbandonando i dettami naturalistici caravaggeschi del primo decennio del Seicento, si evolve in direzione di una pittura più piacevole e fantasiosa. Il napoletano Massimo Stanzione e il pugliese Cesare Fracanzano rappresentano il trait d’union di questo processo che porterà, a fine secolo, l’esplosione della pittura barocca di Luca Giordano.
Sono presenti in collezione anche alcuni bozzetti di Francesco Solimena e Ludovico Mazzanti e dei piccoli dipinti su rame o tavola di ambito nord-europeo, di carattere devozionale privato.
Alcune delle opere in origine furono realizzate per essere esposte in chiesa, come ad esempio, la serie di Apostoli di Ribera e il dipinto di Santafede, I figli di Zebedeo davanti a Cristo, ricordato, in una fonte del 1626, nella quinta cappella sinistra della navata.
La raccolta, in sagrestia, era disposta su più file con l’intento di meravigliare il visitatore e lì vi rimase fino al 1961, quando fu riorganizzata, secondo nuovi criteri museografici, negli spazi adiacenti il chiostro degli aranci. Intorno al 1995, una nuova sistemazione è stata curata dalla Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Napoli, con il contributo di un donatore privato, Gilberto Foulques e della Fondazione Napoli Novantanove. In quell’occasione, si aggiungono opere, già note in antiche fonti, come l’Immacolata su tavola della seconda metà del Cinquecento, una Testa di sant’Anastasio, su rame, replica da Nicolas Froment, un’icona cinquecentesca rappresentante una Madonna con Bambino, una Crocifissione, su rame, un Putto con Bambino di Niccolò De Simone, una Madonna col Bambino di Sebastiano Conca. Vengono aggiunte anche le terracotte di Giuseppe Sanmartino. In un ambiente tradizionalmente destinato a Sala di studio sono stati esposti, qualche anno fa, oggetti provenienti dalla chiesa e dalla sagrestia, come ad esempio, lo splendido Crocifisso seicentesco, in avorio, della cerchia di Algardi.